The Disaster Artist: il genio e il folle

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I did not spoil it, it’s not true! It’s bullshit! I did not!

Oh, hi Reader!

Che James Franco fosse un soggetto controverso lo si sapeva, basti pensare che la sua carriera si dipana dal cinema (sia davanti che dietro la macchina da presa), alla pittura, dalla scrittura all’insegnamento, a confermare ciò è però la scelta su cui è ricaduto il soggetto del suo ultimo film. Egli ha infatti deciso di dar vita, o meglio di concedere a Tommy Wiseau di realizzare il proprio sogno: andare agli Oscar. ecco l’eccentrica coppia ai Golden Globes

 

Franco ha scelto quindi di legarsi ad una figura ben più contorta della sua, quella del regista che diede alla luce il Quarto potere dei film brutti, un film talmente mal realizzato e rasentante il ridicolo da diventare cult, da far si che a 15 anni dalla sua uscita non solo ancora se ne parli, ma addirittura se ne faccia un film biografico. Franco è dunque la nostra principessa, quella che baciando il ranocchio lo tramuta in un meraviglioso principe, perché The disaster artist è questo: la trasformazione di un film aberrante in un (lasciatemi passare il termine) capolavoro. Nel 2018 sia i cinefili incalliti che hanno talmente rinunziato alle proprie vite da permettersi di guardare film in quanto tripudio dello schifo sia chi al cinema ci va solo in compagnia conoscono il nome di Tommy Wiseau.
Il film è senza dubbio alcuno la miglior opera di Franco dall’inizio della sua carriera da regista e quasi certamente anche da attore, è perciò scandalosa la sua esclusione dalla corsa agli Oscar, ma il fatto che con la questione #metoo si abbia ormai raschiato il fondo è una faccenda di cui vorrei evitar di discorrere per non infervorarmi.you are tearing me apart Academy!

La pellicola è in grado di trasportarti nel bizzarro mondo di Tommy a partire dalla nascita della sua amicizia con Greg, di farti comprendere come in un certo qual modo vi fosse del genio dietro a tutta quella follia, come la rincorsa dei propri sogni sino quasi allo sfinimento possa comunque portare ad un risultato, magari certo con un ritardo di 15 anni, ma comunque Wiseau calcherà il red carpet più ambito. Ed uso il termine mondo non a caso, in quanto egli escluso da tutto, allontanato da chiunque, nella sua solitudine decise di crearsi un sistema, un pianeta unicamente suo, del quale egli fosse il fulcro, nonché l’unico abitante: Tommy’s Planet.

Celato in una commedia leggera, a tratti comunque drammatica, si scorge anche la vera anima dello star system e di Hollywood, un mondo ben sigillato e poco propenso all’accettazione di estranei, spesso rude e crudele con i sognatori, improvvisamente disposto a concedersi laddove vi sia del denaro a disposizione.
Franco ci dipinge la nascita di un’amicizia sugellata da un sogno, ci descrive quando timidezza e follia si incontrano e decidono di invadere Los Angeles con l’ingenua speranza che la città non li fagociti per poi risputarli. Il sogno però diviene carburante per Tommy, ma freno per Greg che è costretto a rinunciare a vere occasioni pur di non abbandonare l’amico, sebbene ormai veda più in esso l’insania che il genio.

The disaster artist è un film quasi perfetto, riesce a combinare momenti ironici con momenti di riflessione, riesce a farti ridere delle vicende di Tommy, ma subito dopo a farti sentir in colpa per averlo fatto. Riesce a farti entrare in contatto e a farti empatizzare con un personaggio del tutto fuori dagli schemi al limite del borderline, un soggetto che mette anima, corpo e quasi 6 milioni di dollari in un progetto fallimentare sin dagli albori, in cui nessuno crede al di fuori di lui, tant’è che sarà l’unico alla premiere bramoso di assistere alla proiezione di The room. E sarà quindi anche l’unico a rimaner affranto nel veder la gente ridere della sua tragedia. Ma è un personaggio talmente assurdo che gli basteranno pochi istanti per tramutare il fallimento in una vittoria, il dramma in una commedia.

James Franco come già detto offre la sua interpretazione migliore, riesce ad assumere le movenze e gli atteggiamenti di Tommy perfettamente, tant’è che nelle sequenze finali è l’unico attore a sovrapporsi in maniera precisa con le scene originali di The Room, rendendo difficile la distinzione tra realtà e finzione. Proprio per questa sua interpretazione e per il fatto che Tommy abbia un accento del tutto unico sarebbe un film da vedere in lingua originale, ma siccome ancora una volta ci troviamo dinnanzi ad una distribuzione scarsa, inutile pretendere il miracolo della V.O. .
Sebbene quindi ancora una volta i cinema a proiettarlo siano meno di una manciata, è necessario affollare le poche fortunate sale che accolgono quest’opera, perché si tratta di un film geniale sia nell’idea che nella messa in scena.

Di un film incredibilmente divertente, ma mai banale.

Di un film su un folle creato da un folle.

Ed in un certo senso di un film sui sognatori come lo era stato La La Land lo scorso anno, di un film sugli incoscienti e sulle persone comuni.

Anche se, bisogna ammettere, la sola follia non avrebbe condotto Tommy da nessuna parte, perciò se solo si potesse sapere dove risieda la sua fortuna, ecco, magari tutti potremmo seguire la sua maniacale rincorsa al raggiungimento delle proprie aspirazioni.
Certo è che la tenacia di Tommy è una caratteristica da cui tutti dovremmo trarre spunto, perché nonostante tutti i rifiuti, le risa, gli scherni e le porte chiuse in faccia è, in un modo o nell’altro, arrivato dove voleva, ha raggiunto la fama e in un certo qual modo l’immortalità che sono il cinema può darti per mezzo di un cast stellare disposto ad omaggiare questa assurda figura, perciò, parafrasando ciò che lui e Greg si dicevano, “alla faccia tua Hollywood”.


Camilla.

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