Dune -parte due- profezie e depravazione

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A 3 anni di distanza dal primo, Denis Villeneuve riporta in sala Dune con il secondo atteso capitolo. Il film riprende esattamente dove ci aveva lasciati il precedente; nel bel mezzo del deserto a far la conoscenza dei Fremen. E se il primo capitolo era stata una lenta introduzione a questo universo, il secondo è un’esplosione di tutti gli intrecci di trame e complotti intessuti dai governanti di questa galassia.

Dune è il blockbuster che ci meritiamo e del quale avevamo bisogno; grazie alla maestria della regia di Villeneuve veniamo catapultati nel mondo fittizio di Arrakis, tremendamente simile al nostro. L’umanità che lo abita non sarà la medesima alla quale siamo avvezzi, ma i suoi vizi, le sue brame ed i suoi peccati sono gli stessi ai quali siamo fin troppo assuefatti. Ecco quindi popolazioni basare la loro intera esistenza su profezie tramandate nelle generazioni, radicate nella loro cultura, intessute tra le loro carni. E per quegli stessi presagi, sono disposte a perire e a lottare, speranzosi che ciò li conduca alla salvezza (eterna?). E mentre quindi da un lato abbiamo la fede a plagiare gli animi e a corromperli nella smania del potere, dall’altra abbiamo l’abuso delle risorse, il consumo sfrenato delle potenzialità del pianeta, fino al collasso dello stesso ed al pervertimento delle coscienze. Arrakis, come la Terra, è governata solo da due forze: la fede ed il denaro, entrambe rendono l’uomo cieco e bramoso di potere. 

In questa eterna lotta a rimetterci è sempre il popolo, che trova nella fede l’unica salvezza e ciò obbliga l’eroe della vicenza, il giovane Paul (Thimotee Chalamet), a divenire lui stesso ingranaggio di questa immensa macchina corrotta. Lo spinge a nutrire la fede su cui si basano tutte le profezie su di lui, al fine di debellare il marcio che imbibisce il governo.

Dune è un film quindi altamente intriso di religione, lo è persino nella messa in scena, aulica e maestosa, che alterna primi piani del protagonista a sconfinati chilometri di mero deserto, dune silenzione e inospitali, domate unicamente dai Fremen.

I personaggi offrono sfaccettature delle perversioni e delle brame umane, talvolta al punto che l’aspetto stesso rispecchia l’animo corrotto e guasto, come nel caso del Barone. Abbiamo poi le Bene Gesserit, deus ex machina dell’intero universo narrativo; donne, streghe, indovine, in grado di plagiare la realtà sulla base delle trame che intessono, dei semi che sugellano e delle profezie che bisbigliano alle orecchie dei popoli. Tra queste spicca Lady Jessica ( Rebecca Ferguson), madre di Paul Atreides, vedova del duca Leto.

Al fianco di Paul vi sono i Fremen, popolo che ha saputo modellarsi alle esigenze del deserto, popolo adepto e rispettoso della natura. Fra essi v’è Chani (Zendaya), che diviene la compagna di Paul, benché non si lasci mai assuefarre alla sua divinizzazione.

A capaggiare la fazione opposta, i fautori della distruzione, della corruzione e del degrado, vi sono gli Harkonnen. Un popolo brutale, carnale e bramoso di potere, tanto incurante della natura e dell’universo che persino il loro pianeta è privo della bellezza più grande e primitiva: i colori. Essi sono devoti solo al sangue e al potere, ragion per cui il loro mondo non ha sfumature: è bianco e nero.

L’impatto visivo di determinate sequenze durante l’ascesa del Messia, rimane inciso nella memoria. La ferinità con la quale i personaggi si elevano e poi rovinosamente crollano li rende tutti umani; Paul stesso, che finisce per voltare le spalle a Chani, nascondendosi dietro all’idea di un bene superiore, quando in realtà è solo l’ennesimo animo corrotto.

Dune -parte due- è un film potente, che non lascia indifferenti. Complice di un comparto tecnico eccellente, di un cast pregevole e di una colonna sonora che ti si incide nella testa e non ti abbandona per i giorni successivi alla visione. E’ un film che per la sua portata necessita di essere visto al cinema. E’ una pellicola che fornisce svariati punti di riflessione: è uno sci-fi intriso fino all’osso di filosofia e di tematiche altamente contemporanee che meritano di essere discusse ed analizzate.

 

Camilla.

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