Oscar 2014. Pensieri sparsi

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Premetto un paio di cose:

  • Quest’anno ho deciso di impegnarmi SERIAMENTE e SERIALMENTE nella visione di tutti i film candidati (me ne sono rimasti fuori un paio).
  • La rosa dei candidati non mi soddisfa molto, ma forse venivo dall’annata scorsa con “Django Unchained” che aveva catturato ogni mio senso, quindi quest’anno avevo meno entusiasmo.

Oscar 2014. Vince un film sulla tratta dei negri, eppure non credo sia il film che più lo meritasse. Eccellenti interpretazioni, ma tema troppo “scontato”, è ovvio che di fronte a una 12 annitematica così forte, piccole produzioni come “Nebraska” o “Philomena” non avevano chance. Un po’ ce l’aveva “The Wolf of Wall Street”, ma come si può far vincere un film in cui si parla di sesso, droga e rock ‘n roll, quando dall’altra parte c’è un film sulla schiavitù dei neri? Come possono vincere due film che parlano di due vecchini che viaggiano alla ricerca di rispettivamente un milione di dollari e un figlio dato in adozione cinquant’anni prima, quando candidato con loro c’è una pellicola che parla di una delle ingiustizie più grandi al mondo? Diciamocelo: “12 Anni Schiavo” ha vinto per il tema, perché gli Academy volevano dimostrarsi sensibili a questo.

Cate Blachett fa un bellissimo discorso sul ruolo delle donne al cinema, tenendo in mano una statuetta che si è meritata anche solo per aver reso un 8 a un film che altrimenti sarebbe stato mediocre; non me ne voglia Woody, io lo amo, è un uomo che nella sua carriera ha raccolto pareri contrastanti, ma che nonostante tutto lo considero uno dei registi più geniali e “Blue Jasmine” non è il più bello, ma nemmeno il più brutto. Congrats Cate!

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Jared Leto non credo non abbia bisogno di commenti di per sé, insomma abbiamo visto come sia in grado di recitare il ruolo del trans con un’intensità e una profondità che colpisce fin dai primi fotogrammi in cui appare nel film. Non è esagerato, ci si appassiona al suo personaggio e alla sua causa, si soffre con lui, ci si umilia con lui. Ovviamente se non avete visto “Dallas Buyer Club” ve lo consiglio caldamente.

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Ma è stato “Gravity” a spopolare, vincendo tutti i premi tecnici. Premetto col dire che il film non l’ho visto in 3D (e me ne rammarico), ma su molti aspetti non si può obbiettare nulla, insomma qui si tratta di un vero e proprio “Cast Away” nello spazio. Non averlo visto in 3D però mi ha avvantaggiato nel soffermarmi sulla trama invece che sugli effetti visivi e devo dire che Cuaron ha mantenuto accesa la mia curiosità, come Tom Hanks e Zemeckis avevano fatto prima di lui.

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Veniamo al punto dolente: “La Grande Bellezza”. Non credo di essere l’unica a sostenere che è una fotocopia, venuta molto male, di “8 e ½” di Fellini. Il furbo Sorrentino ha giustamente pensato: “E mo l’Oscar ‘u vogl però, in copp ‘u camino. Chi è l’autore italiano che ha vinto più Oscar? Ah sì il “Federico number-one Fellini”! Me ispira 8 ½ va, jamme ja e facimmele!” E fu così che creò “La Grande Schifez….ehm…Bellezza”. Per me, Fellini è un pilastro della cinematografia italiana e non solo, sono affezionata ai suoi film e vedere una trasposizione così pessima di un film così grandioso mi ha davvero distrutta. “Eh, ma è un italiano candidato, bisogna comunque tifare per lui”, mi dicevano tutti. NO! Io non tifo la squadra di calcio italiana solo perché è l’unica rimasta in Champions League, se il Milan mi sta sulle palle, io non lo tifo, punto. E Sorrentino, come il Milan in Champions, non rappresenta il meglio della cinematografia italiana degli ultimi anni. Abbiamo avuto capolavori proposti alle Nomination come “I Cento Passi”, “Io Non ho Paura”, “La Prima Cosa Bella” e cosa ci rappresenta? “La Grande Bellezza”, quindici anni dopo il capolavoro di Benigni. Insomma, uno sputo alla cinematografia indipendente in Italia, che ultimamente non era nemmeno pessima.

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Un’ultima nota la lascio a una mancanza. Uno dei film che mi ha colpita di più nel 2013 è stato “Rush”, diretto da Ron Howard, che narra le vicende del campione di Formula 1 Niki Lauda, il suo incidente e la sua rivalità con James Hunt, nel periodo tra il 1970 e il 1976. Daniel Bruhl meritava almeno una nomination per la sua incredibile interpretazione di Niki Lauda, la sua straordinaria padronanza della lingua inglese con accento austriaco (lui è tedesco) e per come ha trasmesso la determinazione del suo personaggio. Invece no, nemmeno una “stupida” nomination per gli effetti speciali (le riprese delle corse da dentro il casco sono geniali), per la fotografia, per il montaggio, niente di niente e questo mi ha lasciata alquanto delusa.LEO-MATT-MEME-ELITE

A conti fatti non mi ritengo prettamente delusa, ma nemmeno troppo compiaciuta.
Inutile dire che gli Academy sono un po’ una farsa, ma volente o nolente mi ritrovo sempre sommersa di pareri e opinioni a riguardo, dove io per prima voglio dire la mia. Probabilmente su molte cose non sarete d’accordo con me (evitate i commenti sul Milan, grazie), ma sono aperta al dialogo e alla critica.

La Nicoletta

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