Un altro giro -Brindisi alla vita-

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Un altro giro è l’ultima fatica del regista danese Thomas Vinterberg alla sua seconda collaborazione con il connazionale Mads Mikkelsen. La storia verte attorno a quattro insegnanti di mezza età che, dinnanzi all’inaridimento delle loro vite piombate ormai in un loop di monotonia, decidono di testare la teoria dello psichiatra Finn Skarderud secondo cui l’uomo nasce con un tasso alcolemico nel sangue troppo basso, ragion per cui tale gap andrebbe compensato raggiungendo lo 0,5% di alcolemia. 

Il film avrebbe dovuto inizialmente essere presentato a Cannes, salvo poi che l’edizione è stata annullata per la situazione epidemiologica, ma ciò non ha frenato la pellicola che ha continuato a fare incetta di festival e premi fino a conquistare l’oscar come miglior film straniero.

Le sventure mondiali non sono state le uniche a coinvolgere la pellicola, il regista stesso ha infatti subito un importante lutto all’inizio delle riprese che ha fatto si che l’opera divenisse un inno alla vita da dedicare ad Ida, la figlia scomparsa. Parlo di inno alla vita, perché Drunk è la storia di quattro persone che, con la scusa di un esperimento, cercano una soluzione che possa giovare alle loro cupe esistenze, che possa dare una scossa alla situazione nella quale si sono impantanati. Quattro uomini alla riscoperta della vita, dei deliri, degli eccessi, dell’euforia e del brio. 

Trattandosi però di uomini adulti che decidono di bere costantemente alcol durante gli orari di lavoro, il riso che scaturisce da diverse dinamiche che si vengono a generare è sempre mantenuto controllato da una costante angoscia di fondo, dovuta alla consapevolezza che da un momento all’altro tutto potrebbe andare fuori controllo.  

Mads Mikkelsen si riconferma l’attore a tutto tondo che è, regalandoci un’ulteriore prova attoriale grandiosa, mostrando l’evoluzione di Martin, un mite ed insicuro cinquantenne che cerca di ritrovare se stesso e la vita dalla quale si è per anni nascosto. Per altro nella sequenza finale del film ci dona anche prova delle sue famigerate doti da ballerino sulle bellissime note di What a Life degli Scarlet Pleasure, nelle immagini che più rappresentano la brama di riconquistare il piacere di vivere di cui il film è impregnato.

Un altro giro è un film che vuole omaggiare i piaceri della vita, ricordando però la teoria del giusto mezzo di Aristotele: bere si, ma non troppo, perché ogni cosa ha un prezzo, che venga esso pagato da noi o da chi ci sta attorno, ogni eccesso viene poi riscosso. Così Vinterberg ci mostra per mezzo di questo esperimento ogni sfaccettatura del consumo di alcol; dall’euforia alla rabbia, dal riso alle lacrime, dalla dislalia al barcollamento. Ci mostra una nuova prospettiva dell’alcol, sul cui fondo del bicchiere non necessariamente si deve trovare il dramma ed il fallimento, ricordandoci anche più volte nel corso dell’opera come persino Churchill ne facesse più che abbondante uso. Mostrandoci l’alcol come un “disinibitore” in grado di farci avere accesso al nostro vero io che troppo spesso per paura precludiamo e nascondiamo tra gli ingranaggi delle aspettative sociali e della morale.

La pellicola fa abbandonare la sala con la consapevolezza di aver provato uno spettro di emozioni vastissimo che si dipana dall’ansia all’esuberanza. Nulla toglie che possa anche far iniziare un’analisi della propria situazione per evitare di perdere ciò che i quattro amici hanno poi dovuto così disperatamente cercare di riconquistare e magari che ci si possa pensare davanti ad un calice di vino. 

Massì, solo un altro giro.

Camilla.

 

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