DOGMAN – La Recensione

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Matteo Garrone – dopo una breve pausa storico-artistica nella quale ha diretto il Racconto dei racconti – ritorna a concentrare l’ attenzione verso i suoi tanto amati personaggi Kafkiani appartenenti alle categorie sociali più disagiate dei sobborghi di una città, mi piace pensare Roma.

DOGMAN trae ispirazione infatti da un fatto di cronaca realmente accaduto negli anni ’80, il c.d. “Delitto del Canaro della Magliana” in cui Pietro De Negri, detto il “canaro” perché aveva un negozio di toelettatura per cani, uccise – dopo averlo seviziato – Giancarlo Ricci, ex pugile.

Allo spettatore non servirà scomodare Freud per capire che il protagonista Marcello è un uomo docile come i suoi adorati cani, lui stesso per vocazione caratteriale esattamente un “Cane”, diviso tra l’accettazione del Branco (i suoi vicini di attività commerciali) e la fedeltà nei confronti di Simone, delinquentello di quartiere.

Garrone però nella sua narrazione aggiunge un tassello in più alla vicenda di cronaca e per meglio caratterizzare l’animale sociale “Marcello” decide di intervallare la sua quotidiana attività lavorativa di dogsitter e spacciatore di cocaina con arretrati di felicità non goduta: le vacanze in compagnia di sua figlia, con cui condivide la passione dello snorkeling.

Sarà proprio l’amore per sua figlia e la voglia di esaudirle i suoi desideri – come qualsiasi papà al mondo – che porteranno il protagonista a seviziare e semi carbonizzare Simone.

Quest’ultimo infatti romperà il legame Padrone-Animale rifiutandosi di restituire il denaro promesso a seguito di una rapina. Non basta però perché il fattore ulteriormente scatenante l’aggressività di Marcello nei confronti del balordo di periferia sarà il suo ritorno dalla galera ed esploderà definitivamente con la condanna sociale e il contemporaneo rifiuto a riammetterlo all’interno del Branco stesso.

Il conquibus, l’amore per i propri figli e la voglia di vederli felici, l’amore per gli animali, l’accettabilità sociale e non ultimo un pubblico di cui noi tutti abbiamo bisogno quotidianamente (chi più chi meno) sono le chiavi di lettura di un film magistralmente interpretato da Marcello (nome di battesimo dell’attore) Fiore che da oggi è per tutti DOGMAN: indimenticabile nel suo ghigno e nei suoi gesti assertivi. Meritatissimo il riconoscimento a Cannes.

Per farla breve, alla fine del film TU – spettatore – ti chiedi: “perché? Perché Marcello non reagisci?” Ti incazzi letteralmente, ma nei titoli di coda lo capisci e quasi accetti con rabbia dolorosa il suo comportamento. La verità è che nessuno di noi è Superman quando prova paura, ma vince nella dialettica Padrone-Animale (o Signore/Servo, il meccanismo è quasi uguale) chi non la prova.

Un ricapitolo di cosa vi siete persi se non sapete chi è Garrone, cliccate sui titoli per recuperare:

L’IMBALSAMATORE (2002)

GOMORRA (2008)

REALITY (2012)

Mariabruna

happywheels
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