L’uomo di Neve ed il gelo in sala

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Era ormai troppo a lungo che azzeccavo i film in sala e le serie a casa, questo non mi aveva permesso di scrivere nulla di estremamente negativo. Questo fino ad ora. Ma, prima di iniziare, Fassi vorrei specificare che la seguente non è una ripicca per il fatto che tu ti sia sposato, assumiti le tue responsabilità; L’uomo di neve è, per citare Fantozzi ed il mio compare in questa visione, “una cagata pazzesca”.

Ora, nonostante la critica non fosse delle migliori, come dissi in precedenza, i film vanno visti comunque, perché il parere degli altri, critici eccelsi o meno, non deve comunque influenzare il nostro. Ma qui, qui, avevano tutti ragione.

 

Partendo dal presupposto che una trasposizione cinematografica di questo romanzo di Nesbo non fosse facile e che di certo un formato seriale avrebbe permesso una maggiore aderenza al testo, era comunque altrettanto difficile riuscire a partorire un tale abominio.

Sin dalla prima scena ci si rende conto che il “tratto da” è in realtà un “vagamente ispirato a”, perché già le fondamenta del racconto vengono distorte in una maniera del tutto insensata. Quale necessità vi era di far si che fosse la madre a suicidarsi e che non fosse il figlio ad ucciderla? Perché mai da un ragazzo con una madre vittima di abusi e violenze dovrebbe svilupparsi un killer rancoroso nei confronti della figura materna e non di quella paterna?

Ma comunque dopo questo scivolone iniziale si concede comunque una seconda chance ad Alfredson e si procede nella visione del film. Ma, più essa avanza, più lo stato confusionale in cui doveva essere l’intera troupe durante le riprese aumenta. La regia, secondo la mia modesta opinione, non poteva essere studiata in maniera peggiore di questa; l’intera pellicola sembra ricordare una pessima fiction rai dai toni patinati ed il regista pare essere affetto da un’assurda ossessione per le vetrate, tant’è che sembra che l’intera Norvegia sia invasa da dimore in cartone e vetro. Probabilmente girando per le strade di Oslo si possono salutare i vicini intenti a mingere pacificamente. Ad un certo punto è persino possibile scorgere una plafoniera al centro di una strada, probabilmente anche gli scenografi avevano iniziato a confondere interni ed esterni. Per non parlare poi di quanto sia fastidioso l’effetto sonoro per farti notare che i personaggi si trovano al di là dei loro dannatissimi vetri. Dal regista di La Talpa, mi sarei aspettata decisamente di meglio, soprattutto se ripenso al fatto che fosse stato preso in considerazione anche Scorsese per dirigerlo.

Poi, altra meraviglia, la musica. Inizialmente, alla vista di un nome italiano, mi ero sentita vagamente nazionalista, quanto mai.

Toglietegli la cittadinanza.

Beltrami dopo questo lavoro non può condividerla con Morricone. Suvvia.

Si prosegue poi con personaggi totalmente storpiati, privati della loro effettiva importanza che paiono essere cascati casualmente sul set il giorno delle riprese.

 

E poi arriviamo a lui: Val Kilmer. O meglio il silicone accompagnato da Val. Ma davvero, cosa si cela sotto quella massa informe di interventi estetici? Che sia Batman ne ho qualche dubbio, forse è più probabile che sia un’evoluzione di Mickey Rourke.

Io non so nemmeno cosa potrei commentare, a cosa dare la precedenza, perché mi è parso tutto troppo assurdo, persino i dettagli.

Banalmente persino Kathrine, la quale vuole adescare un milionario e, sotto alle parigine, ha dei calzini grigi sensuali quanto Freddy Mercury nel video di “I Want To Break Free”.

Io davvero ho provato a giustificare questo film, ma non vi è una sola cosa che mi permetta di spezzare una lancia in suo favore. O meglio, una cosa ci sarebbe: Fassbender, come al solito, è una gioia per gli occhi, ma penso che questo valga forse il biglietto solo per le donzelle. Una scena in particolare, ma essendo l’unica degna per l’universo femminile, preferirei non spoilerarla.

 

Ed arriviamo poi alla fine.

Voglio davvero commentarla? Ne sento effettivamente il bisogno? In effetti, no. Harry Hole, personaggio eclettico, carismatico diviene una semplice macchietta, una mera caricatura di se stesso: un alcolizzato con una pelle di adamantio (presumibilmente) e decine di santi dalla sua.

Fondamentalmente a mancare non è unicamente la trama del romanzo, anche perché quasi sempre le pellicole si discostano (anche per necessità) dai testi, ma vengono a mancare il ritmo, la tensione, l’asprezza e l’inclemenza descritti da Nesbo. Ma il problema del film non è che non è una trasposizione fedele, ma che anche se considerata come opera indipendente, a sé stante, non decolla mai, non intrattiene, non ha una trama lineare e nemmeno il reparto tecnico riesce a salvare l’opera.

Ancora una volta però mi sento di sostenere che i film vadano comunque visti al cinema, però se non siete fanciulle e se non avete ancora visto Blade Runner 2049, questo film sfruttatelo per il cinema2day, perché non sono certa che valga nemmeno quelli.

Camilla.

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