La Ruota delle Meraviglie -Bentornato Woody-

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Ammettiamolo, quando esce un nuovo film di Woody in cuor nostro sentiamo la necessità di vederlo. Anche se negli ultimi anni ha registrato un calo nella qualità delle pellicole, come si potrebbe far un torto a quel cinico e pessimista con gli occhiali alla Buddy Holly?

E così è stato anche con La Ruota delle meraviglie, il quale, a differenze di titoli come “Irrational Man” o “To Rome with Love”, ha rappresentato uno dei film più riusciti del cinema di Allen dagli anni 2000.

La trama tratta di Ginny, un’attrice fallita che lavora come cameriera in un Luna Park di Coney Island ed è sposata, non per amore, ma per comodità, con Humpty. Essa, interpretata da Kate Winslet, vive nel ricordo dell’amore perduto, per via di un suo tradimento, e della carriera sfumata, fino a che non incontra il giovane bagnino ed aspirante commediografo Mickey, Justin Timberlake, con cui instaura una relazione amorosa. Il giovane è infatti in grado di ridarle la gioventù perduta a causa di un figlio allevato da sola, del marito fuggito e degli inganni della vita che l’hanno costretta ad interpretare il ruolo della cameriera. La situazione viene ribaltata non appena la figlia di Humpty, Carolina, irrompe nelle loro vite, in quanto in fuga dall’ex marito mafioso. L’ingresso della giovane fa si che le dinamiche all’interno della rosa di personaggi si incrinino.

L’intera pellicola è girata come se ci si trovasse nel bel mezzo di una rappresentazione teatrale. Lo stesso Mickey, in uno dei monologhi che sfondano la quarta parete, sottolinea nelle prime scene come la sua vena melodrammatica avrebbe di certo influenzato la narrazione delle vicende. Perciò ci troviamo immersi in una Coney Island fittizia, dalle tinte pastello nelle scene girate di giorno all’aperto e con delle luci artificiali preponderanti non appena ci si trovi in un luogo chiuso. Per via della fotografia così fortemente distorta non si riesce mai ad abbandonare la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un prodotto innaturale, artefatto. La stessa casa di Ginny e Humpty è strutturata come fosse un palcoscenico, uno spazio aperto nel quale la macchina da presa si possa muovere con agilità per mezzo di piani sequenze, mostrandoci i personaggi intenti a tessere un dramma sulla falsa riga di una tragedia shakespeariana. Abbiamo infatti il personaggio di Ginny, donna che non riesce ad accettare il proprio fallimento e che mano a mano la pellicola procede risulta sempre più corrosa dalla gelosia. Mickey, giovane sognatore e donnaiolo, sebbene a stento lo ammetta a se stesso. Humpty, semplice manovale che l’alcool tramuta in un violento. Carolina, impacciata vittima di un suo errore giovanile che, come il figliol prodigo, fa ritorno tra le braccia del padre. Tutti i personaggi divengono caratteristi nella rappresentazione macchiettistica che Allen fornisce della vita. Le loro intere vite, ironia per la povera Ginny, non sono altro che un’opera teatrale alla mercé del pubblico, ma non trovandosi comunque all’interno di un dramma inglese seicentesco, il finale viene lasciato aperto dall’abile Woody, ovviando la tragica chiusura che Shakespeare e Ginny con lui avrebbe prediletto.

La ruota delle meraviglie è quindi un parziale ritorno in carreggiata per il vecchio Woody, delle cui capacità di ritrattista non avevamo però mia osato dubitare. Quindi nell’attesa della sua prossima opera non ci resta che affollare le sale.

Camilla.

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