Here’s to the ones who Dream

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A voi che anche quando aprite gli occhi non smettete di sognare, che anche quando siete dietro ad uno schermo o ad un banco non riuscite a frenare il tumulto di pensieri che affollano la vostra mente, che senza chiedere permesso alcuno invadono ogni vostro più misero secondo di tempo con la loro dirompenza, la loro spontanteità e la loro autenticità. A voi che amate il cinema come mezzo per provare emozioni, per far vibrare la vostra anima di sensazioni sempre nuove. Ma anche a voi che amate il jazz, la bella musica e la moda, a voi che siete giovani ed ancora alla ricerca di quella che possa essere la vostra strada, vostra solamente. A voi che siete in procinto di mollare, perchè la vita è troppo breve per rischiare, a voi che non avete mai smesso di crederci e che preferite avere la testa fra le nuvole che in una coltre di nebbia. A voi romantici che credete ancora nell’amore a prima vista ed anche a voi che non credete che esista nemmeno dopo cento sguardi. A voi indisciplinati, refrattati e caparbi, a voi che amate le belle parole tanto quanto i silenzi, a voi che vi lasciate sopraffare dalle passioni, perchè cedervi è tanto gratificante quanto distruttuvo, per tutti voi è La la land.

Film in concorso a Venezia che ha fatto vincere ad Emma Stone il Leone d’oro e che ormai da mesi è sulla bocca di chiunque, dal cinefilo incallito alla ragazzina con l’ardente desiderio di vedere un altro film romantico con Gosling, perchè “Le pagine della nostra vita è il film più bello in assoluto” (E chi glielo dice che il buon vecchio Ryan era stato scelto in quanto brutto?). Le ragioni per cui le chiacchiere inerenti questa pellicola siano così numerose sono svariate: prima di tutto in quanto sin come film d’apertura della Mostra di Venezia aveva suscitato il plauso del pubblico, poi perché, nelle settimane e nei mesi successivi, non ha fatto altro che accumulare premi e riconoscimenti, letteralmente, da record. Basti infatti pensare ai 7 Golden Globes, mai visti prima, alle 14 nominations agli Oscar, condivise solo con Titanic e con Eva contro Eva, ed al fatto che, se Chazelle dovesse vincere il tanto agognato ometto d’oro per la regia, sarebbe il regista più giovane della storia ad essersi aggiudicato un oscar (questione di pochi mesi rispetto a Taurog, ma in questi casi essere fiscali non nuoce).

Onestamente il genere musical non è tra i miei favoriti, così come non lo è il romantico, ma con La la land la questione è stata totalmente diversa: mi sono ritrovata in un cinema stranamente gremito di gente, in un palazzo che, per quanto possa essere suggestivo per via dei numerosi affreschi, è difficile poterlo definire sala cinematografica attrezzata, già sala mi pare un’esagerazione. Centoventi persone dinnanzi ad un modesto telo bianco; le luci si abbassano, gli ultimi cellulari si spengono e cala il silenzio (o comunque un suo surrogato). Per le due ore successive un tumulto di colori, di emozioni, di vivacità, di danze, di abiti fluttuanti si è sprigionato dallo schermo in un film che, in conclusione, risulta essere drammatico, perché ti fa comprendere che in fin dei conti a qualcosa dovrai sempre rinunciare. Se questo qualcosa sia il tuo sogno o sia con chi dovrai condividere la strada alternativa spetta solo a te deciderlo, ma nel momento in cui avrai preso tale decisione, la sliding door si sarà chiusa e tutto ciò che sarebbe potuto essere rimarrà per sempre un condizionale, un reparto della tua mente e del tuo cuore, nel quale certo potrai rifugiarti (così come ci mostra una delle sequenze finali), ma che non sarà mai più concreto, mai più tangibile con mano. Ed allora quella decisione la dovrai prendere con una certa dose di follia , ma anche di coscienza, perchè a cosa siamo davvero disposti a rinunciare? Cosa diviene più facile far divenire evanescente in un istante?

Mentre guardavo la pellicola di Chazelle, con tutte le sue meravigliose coreografie, mentre ascoltavo il suo dolce Leitmotiv accompagnarmi nella visione, mi sono ritrovata a pensare a quali sono le cose a cui h0 dovuto rinunciare o a cui dovrò rinunciare io, mi sono ritrovata a condividere gli entusiasmi e le delusioni dei due protagonisti, perché, sebbene la loro storia abbia luogo nella città degli angeli, città per apoteosi in grado di dare e, con lo stesso cinismo, di sottrarre sogni, ogni luogo può essere la tanto nominata “City of Stars”, in quanto non vi è una sola tipologia di sogno. Non vi è solo quello di sfondare in una città come Los Angeles, i sogni sono il carburante che ci permettere di fare sforzi e follie che altrimenti non compiremmo mai, poichè che essi siano utopistici o semplici, sono la cosa più autentica e personale che ognuno di noi possiede e, per quanto ci si possa sforzare di celarli, loro saranno sempre pronti a ripresentarsi. Ed è questo La la land: un film vero, delicato, estremamente delicato, un film per i sognatori, sia per quelli che avranno successo sia per quelli che falliranno, perché una dolce illusione rimane comunque meglio di un’aspra realtà.

Terminata la proiezione mi sono guardata attorno cercando di camuffare le lacrime nella speranza di scorgere altri occhi gonfi come i miei (quelli della Stone non penso valessero), ma purtroppo non ne ho visti. Inizio a pensare che il problema sia la mia lacrima facile, fortunatamente ascoltare i commenti della gente all’uscita dal cinema, ha saputo farmi rinsavire, dato che, cari frequentatori del blog, non so se voi ne foste a conoscenza, per me è stato un fulmine a ciel sereno (probabilmente quando è avvenuto ero occupata a disperarmi per qualche altra pellicola), ma a quanto pare Gosling è parte integrante del cast di Grey’s anatomy. Ora, visto che temo che nemmeno lui ne sia a conoscenza, senza alcun secondo fine, ma unicamente per dovere civico, farò in modo di contattarlo personalmente per renderlo consapevole, così che possa sistemare il suo curriculum, magari eliminando titoli come Drive e Le idi di Marzo in favore di quel poco medical e tanto drama.

Fino a ieri sera per la tanto attesa notte del 26 gennaio parteggiavo per Natalie Portman in Jackie (altra pellicola per cui dovrete intasare le casse dei cinema), ma, dopo aver visto la giovane Emma non sono più così sicura della mia favorita di quest’anno. La scena del film di Larrain in cui la Kennedy si pulisce il viso dal sangue del marito mi aveva toccato, ma anche l’audizione della giovane Mia ha saputo scuotermi nel profondo. Due interpretazioni tanto diverse eppure entrambe così oneste. Due personaggi che sono agli antipodi; una first lady a cui le opzioni sono state ridotte drasticamente ed una giovane barista che ancora crede nelle più variegate possibilità della vita. Due donne che nella loro diversità, anche semplicemente il fatto che la prima sia un personaggio effettivamente esistito, mentre la seconda sia fittizio, il riflesso cinematografico di decine di migliaia di giovani, rappresentano due facce di una stessa medaglia, medaglia che è il genere femminile. Medaglia sui cui lati vi sono delicatezza e forza, sia che essa derivi dal dover reggere il peso di un lutto del calibro di quello di Kennedy, sia che essa rappresenti la caparbietà di seguire le proprie passioni.

Prima di congedarmi un’ultima cosa; cari attori Hollywoodiani, già sappiamo che voi siete belli, bravi e miliardari, ma non è che necessariamente dobbiate saper ballare  e cantare tutti, lasciate qualcosa anche a noi.

Giusto così, solo per dire.

Ed ora, fischiettando, siccome non vorrei che sprecaste questa “lovely night” solo voi ed io, vi lascio recarvi ad affollare le sale per questa piccola perla.

Camilla.

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